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Carcere Porto Azzurro, detenuto appeso a venti metri altezza

L'uomo si è arrampicato sulle grate delle finestre al rientro ora aria per chiedere parlare con magistrato sorveglianza. Sappe: "Carcere di Porto Azzurro trasformato in inferno quotidiano"

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PORTO AZZURRO – Carcere Porto Azzurro, detenuto appeso a venti metri altezza

Carcere Porto Azzurro, Isola d’Elba, un detenuto si è arrampicato sulle grate delle finestre ed è rimasto tutta la notte aggrappato a venti metri di altezza.

La protesta, iniziata nella casa di reclusione elbana al rientro dall’ora di aria nel pomeriggio di lunedì 26 agosto, è rientrata martedì 27 agosto mattina. Sappe: “L’uomo è stato messo in sicurezza, legato e imbracato dai vigili del fuoco che hanno anche portato all’interno del carcere un materasso gonfiabile di emergenza per scongiurare ogni evenienza”.

L’uomo chiedeva di parlare col magistrato di sorveglianza.

Francesco Oliviero, segretario per la Toscana di Sappe Sindacato autonomo polizia penitenziaria: “Alle ore 14.30 di ieri, un detenuto rumeno che si era recato al passeggio del reparto penale si è arrampicato sulle grate dei finestroni del reparto giungendo sino all’ultimo ad una altezza di circa 20 metri.  L’uomo protesta nei confronti della custodia e del magistrato di sorveglianza in quanto, a suo dire, avrebbe dovuto essere scarcerato nei giorni scorsi ma, essendosi reso protagonista di altre intemperanze e di fatti ed evento gravosi durante la detenzione, ha di fatto vanificato la possibilità di poter beneficiare degli ultimi 45 giorni di liberazione anticipata, facendo quindi slittare l’uscita dal carcere. Questa motivazione ha portato lo stesso a prendere la pericolosa iniziativa”.

Quindi: “La situazione è delicata e si stanno vivendo momenti di grande tensione, gestiti al meglio dal personale in servizio di polizia penitenziaria. Il carcere di Porto Azzurro ormai si è trasformato in un inferno quotidiano e sta mettendo a dura prova il personale di polizia penitenziaria, costretto a massacranti turni di lavoro ed a essere esposti continuamente a grossi rischi di incolumità. Abbiamo segnalato ai competenti uffici ministeriali con cadenza costante che l’istituto era stato trasformato anziché in una casa di reclusione, in un contenitore sociale ove riversare ogni tipologia di ristretto, a questo punto per la sicurezza del personale chiediamo la chiusura integrale delle celle, anziché far oziare per tutto il giorno i detenuti”.

Per il segretario generale Donato Capece “servono interventi urgenti e strutturali che restituiscano la giusta legalità al circuito penitenziario intervenendo in primis sul regime custodiale aperto. Servono tecnologia e formazione per chi sta in prima linea nelle sezioni, strumenti di difesa e contrasto delle violenze”.

 

© Riproduzione riservata

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