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Moby Prince, un’intera città chiede verità e giustizia a 34 anni dalla tragedia

Commozione e grande partecipazione agli eventi organizzati dal Comune di Livorno con le associazioni delle vittime. Prende corpo l'ipotesi del Museo della Memoria

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LIVORNO – Sono trascorsi 34 anni dalla più grande tragedia della marineria civile italiana, ma nessuno dimentica. Proprio per questo ogni anno il 10 aprile Livorno ricorda, con una serie di eventi, l’immane sciagura che ha coinvolto il Moby Prince e che ha cambiato per sempre la città di Livorno. 

Erano le 22,03 del 10 aprile 1991

quando il traghetto Moby Prince entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo nella rada del porto di Livorno. A causa dell’incendio che si sviluppò, alimentato dal petrolio fuoriuscito, e per il fumo che rese l’aria irrespirabile, morirono in 140, ovvero tutti i passeggeri (75) e l’equipaggio (65) con la sola eccezione del giovane mozzo napoletano Alessio Bertrand. I soccorsi tardarono, anche perché in un primo momento tutti i mezzi partiti dal porto di Livorno si concentrarono sulla petroliera. Il mayday del traghetto arrivò debole e disturbato.

Per la perdita di vite umane quello del Moby Prince è stato il più grave incidente che abbia colpito la marina mercantile italiana.

Il 28 maggio 1998 la nave, rimasta ormeggiata nel porto di Livorno e posta sotto sequestro, affondò; fu poi recuperata e avviata alla demolizione in Turchia. Solo nel gennaio 2018 è stata pubblicata la relazione finale della commissione parlamentare d’inchiesta. Nel 2021 una seconda commissione  ha avviato nuove indagini, arrivando alla conclusione della presenza di una terza nave che avrebbe ostacolato il percorso del traghetto.

Ma tanti rimangono i punti mai chiariti del tutto: dalla dinamica esatta dell’incidente alle navi militari statunitensi e di altre nazioni  in rada quella notte (e la loro attività) fino all’ombra di altre imbarcazioni sospettate di traffici illeciti tra Italia e Somalia.

E così anche quest’anno il Comune di Livorno, con il patrocinio della Camera dei Deputati, della Regione Toscana, della Provincia di Livorno, dell’associazione 140 familiari delle vittime del Moby Prince e dell’associazione 10 aprile Vittime del Moby Prince ha celebrato l’anniversario con cerimonie e iniziative.

In Fortezza Nuova, sono state deposte le corone al monumento in ricordo delle vittime, alle 12, in Cattedrale si è svolta la funzione religiosa.

A Palazzo Civico, in una sala consiliare gremita, dopo il saluto del presidente del consiglio comunale Pietro Caruso che ha letto i messaggi del presidente della Repubblica e del presidente del Senato, il sindaco Luca Salvetti ha tenuto il suo discorso, dopodichè si sono susseguiti gli interventi del presidente della terza commissione d’inchiesta sul Moby Pietro Pittalis, di Nicola Rosetti presidente del Comitato Moby Prince 140 e di Luchino Chessa presidente del Comitato 10 aprile e di seguito interventi di amministratori e familiari.

Alle 16,30 da piazza del Municipio, come di consueto è partito il corteo che ha raggiunto l’Andana degli Anelli (Porto Mediceo) passando da viale Avvalorati, piazza della Repubblica, via Grande, piazza Micheli, ponte dei Francesi.

Alle 17 all’Andana degli Anelli è stato deposto il cuscino di rose inviato dal Presidente della Repubblica e della corona di alloro del Comune. Sono stati letti i nomi delle Vittime e il lancio di rose in mare.

Il discorso del sindaco Luca Salvetti

Una chiamata improvvisa, un microfono in mano e la necessità di raccontare da giovane cronista una storia che segnerà definitivamente la mia vita. È il 10 aprile 1991, dopo poche settimane di lavoro in redazione mi trovo sul molo capitaneria, manco dell’esperienza necessaria, non conosco a fondo quello che devo cercare e quello che devo raccontare in tv. Mi muovo basandomi sull’istinto, la mia cronaca in presa diretta fa un certo effetto, è un misto di frasi slegate, alcune senza senso, frutto dell’incertezza generale su cosa realmente fosse accaduto e dell’incertezza personale. Quella cronaca però ha una forza dirompente, trasmette le sensazioni reali. Nel cuore della notte, dopo oltre tre ore, ci è consentito di salire su un rimorchiatore per uscire in mare a fare alcune riprese, il tragitto è breve: dopo poco cominciamo a scorgere il fuoco intorno all’Agip Abruzzo, la petroliera sta bruciando, il greggio fuoriuscito in mare brucia, sembra di entrare in un girone infernale. Fiamme alte, equipaggio salvo, rischi ambientali, queste sono le notazioni sul taccuino.  Il comandante del rimorchiatore ci dice: “Se volete cercare il traghetto dobbiamo andare a sud”. Percorriamo qualche miglio, è buio, dall’oscurità quasi all’improvviso sbuca la sagoma del Moby Prince, lo scafo è completamente annerito, gli oblò sono dei puntini arancioni, all’interno sta bruciando tutto, non ci sono segni di vita. L’angoscia rende difficile tenere in mano il microfono e parlare davanti alla telecamera. Da quel momento in poi la strage del Moby diventa un elemento nodale della vita e della storia di questa città. Ogni anno la necessità di stringersi intorno alle famiglie delle 140 persone scomparse in quella drammatica notte, il dolore davanti ai luoghi che abbiamo scelto per il ricordo, il monumento in fortezza e la lapide in porto, la celebrazione religiosa e poi qui in questa sala dove per 34 anni abbiamo provato in tanti a tenere alta l’attenzione su la più grande tragedia della marineria civile italiana. Il corteo per le strade della città seguito in silenzio e con commozione, in una sorte di rito collettivo che richiama tutti i cittadini. Insieme a tutto questo il percorso che ha fatto nascere legami forti tra di noi, legami rappresentati da persone come Angelo Chessa scomparso poco tempo fa e da Loris Rispoli che non può essere al nostro fianco così come è stato per trenta anni e che ci manca, eccome se ci manca. Legami alimentati adesso dalla forza di Nicola Rosetti e Luchino Chessa che ringrazio infinitamente per il peso che hanno saputo caricarsi sulle spalle. Insieme a tutto questo in questi decenni c’è anche il susseguirsi di ricostruzioni alcune talmente fantasiose e improponibile che hanno portato ad arrabbiarci e ad imprecare, i pronunciamenti della magistratura che in più fasi ci hanno lasciato interdetti e amareggiati, il lavoro di tre commissioni parlamentari che a fasi alterne hanno generato speranza, perplessità e poi nuovamente fiducia. L’ultima di queste commissioni sta lavorando da due anni e ci siamo sentiti in dovere nei giorni scorsi di andare a Roma per capire bene come procedono questi lavori, consci che è l’ultima possibilità che abbiamo a disposizione per fare un passo in avanti verso la verità. Ringrazio il presidente Pittalis per il trasporto con cui interpreta il suo ruolo ed esorto tutti i parlamentari a metterci l’anima e la testa per ottenere il risultato definitivo. 

Il governatore Eugenio Giani

Anche il presidente della Toscana Eugenio Giani

confida e chiede giustizia per la tragedia del Moby Prince. “Centoquaranta morti e nessun colpevole” punta l’indice uno striscione. Nessun colpevole a distanza di trentaquattro anni. “Non può finire così – dice Giani – e accanto al ricordo e alla preservazione della memoria, su cui la Regione come anche la città di Livorno ci sono sempre state in questi anni e ci saranno anche in futuro, è necessario che i responsabili di quella tragedia vengano fuori. La Regione Toscana è vicina ai familiari delle vittime affinché giustizia sia fatta”.  Verità e giustizia, scritta gialla su fondo rosso, come gridano al sole le magliette indossate da molti.

“Mi sembra che la commisione parlamentare stia proseguendo – si sofferma Giani, commentando con i giornalisti – È necessario agire perché sulla tragedia del Moby Prince sia fatta chiarezza”. Poi  aggiunge: “La Regione fin dall’inizio ha dimostrato una particolare sensibilità perché questa tragedia non fosse dimenticata: nell’armadio della memoria nella biblioteca regionale in piazza dell’Unità a Firenze abbiamo voluto che fosse conservata tutta la documentazione perchè questa vicenda non cadesse nell’oblio. Ora si parla di un museo e la Regione è disponibile a dare un’ulteriore mano”.

Il presidente della Toscana ha partecipato nel pomeriggio al corteo che da piazza del Municipio è arrivato fino al porto mediceo. “Mi ha colpito la grande partecipazione, anche di tanti giovani, che si sono stretti in un abbraccio di solidarietà attorno a chi allora perse cari e parenti e la loro empatia con il dolore altrui” commenta.  Giovani e giovanissimi, i bambini con le rose in mano, il silenzio intonato dalla tromba di un militare, i gonfaloni dei Comuni (anche da fuori Toscana).

Essere qui è importante” sottolinea Giani. Dopo il corteo e la cerimonia davanti alla lapide che ricorda le tragedia, l’omaggio alla corona del presidente della Repubblica, la lettura di tutti i nomi delle vittime, la loro età (le più piccole avevano uno e cinque anni) e i territori di provenienza, Giani si è recato sul molo per il lancio delle rose: trentaquattro rose, una per ogni anno trascorso.

Il museo della memoria

A ricordare la necessità di istituire un museo della memoria sono Piero Tomei, capogruppo Pd in consiglio comunale a Livorno, Lorenzo Midili, consigliere comunale Pd e responsabile cultura della Federazione del Pd di Livorno.

“Riteniamo – dicono – che l’impegno per la verità e la giustizia non si debba interrompere, come richiedono le famiglie delle vittime e numerose associazioni, perché la dinamica non è stata ancora del tutto ricostruita e non è emersa una chiara responsabilità. Al fine di fare chiarezza sulla vicenda, nelle ultime tre legislature sono state istituite altrettante commissioni di inchiesta parlamentare. L’attuale Commissione sta valorizzando le risultanze già acquisite dalle due commissioni parlamentari precedenti, come testimonia anche l’audizione del sindaco Luca Salvetti e dei capigruppo della città di Livorno a Montecitorio, e sta cercando di rendere giustizia alle vittime e alle loro famiglie e di fare luce, in maniera definitiva, su una vicenda che ha segnato il nostro territorio da anni. Parallelamente alla ricerca della verità serve continuare a ricordare le vittime dell’incidente attraverso un luogo dedicato alla memoria, alla conoscenza dei fatti e alla riflessione civica, come da tempo chiedono le famiglie delle vittime e le associazioni”. 

“Come Partito Democratico e Giovani Democratici abbiamo depositato una mozione – spiegano – che prevede la costituzione del Museo della memoria sulla strage del Moby Prince, che rappresenterebbe un atto fondamentale di giustizia e di memoria nei confronti delle vittime e dei loro familiari. Chiediamo di individuare una sede idonea, accessibile e significativa per ospitare il museo, in grado di accogliere attività espositive, didattiche e di ricerca. Un luogo dove sensibilizzare l’opinione pubblica sulla ricostruzione storica dell’evento, ma sia anche di promozione per la cultura della sicurezza marittima. Siamo convinti sia necessario che il Comune di Livorno collabori con la Regione Toscana, il governo, la Provincia di Livorno, le associazioni locali e nazionali, l’Agenzia europea per la sicurezza marittima (Emsa), le università di Pisa e Firenze e altri enti pubblici e privati, in modo da promuovere e sostenere un’iniziativa concreta per realizzare questo spazio di memoria. Creando una sinergia anche con l’armadio della memoria, istituito alla biblioteca del consiglio regionale della Toscana per l’archiviazione di tutti i materiali disponibili sulla strage del Moby Prince nel mare di Livorno, sulla strage ferroviaria di Viareggio e sul naufragio della Costa Concordia”.

“Crediamo che – concludono – come diceva Norberto Bobbio “il tempo della memoria procede all’inverso di quello reale: tanto più vivi i ricordi che affiorano nella reminiscenza quanto più lontani nel tempo degli eventi”. Non possiamo permetterci che i ricordi siano patrimonio solamente delle generazioni che hanno vissuto quei momenti, ma serve lo diventino anche per le generazioni future. Un Museo sarebbe un altro tassello per continuare questo processo, che già le associazioni stanno portando avanti”.

 

 

 

© Riproduzione riservata

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