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Detenuto svuota il contenuto di un estintore addosso a un agente della polizia penitenziaria al carcere di Prato

Il poliziotto ha riportato irritazioni e difficoltà respiratorie a causa dell’inalazione della polvere estinguente. La denuncia del Sappe

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PRATO – Un altro grave episodio di violenza si è verificato nella giornata di ieri (6 maggio) all’interno del carcere della Dogaia di Prato.
Lo denuncia il Sindacato autonomo polizia penitenziaria. “Un detenuto ha aggredito un agente di polizia penitenziaria spruzzandogli contro, deliberatamente, il contenuto di un estintore – spiega il segretario Sappe della Toscana Francesco Oliviero – L’agente ha riportato irritazioni e difficoltà respiratorie a causa dell’inalazione della polvere estinguente, ed è stato necessario ricorrere alle cure del pronto soccorso cittadino”.
Il Sappe, primo sindacato della polizia penitenziaria, “denuncia con forza questa ennesima aggressione che dimostra, ancora una volta, come le condizioni lavorative all’interno dell’istituto siano diventate insostenibili. Da oltre un mese il personale è costretto a turni massacranti, spesso doppi o addirittura tripli, senza possibilità di godere di riposi o ferie, per coprire una carenza di organico ormai fuori controllo”, prosegue il sindacalista. “La situazione al carcere della Dogaia è allo stremo il personale è fisicamente e psicologicamente provato. Si lavora in un clima di costante emergenza e con una popolazione detenuta sempre più difficile da gestire, anche per la presenza di soggetti con gravi problemi comportamentali o psichiatrici”. Per questo, conclude Oliviero, “il Sappe chiede con urgenza un intervento risolutivo da parte del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e del ministero della giustizia: serve personale, servono garanzie e servono tutele. Non è più accettabile che gli agenti siano lasciati soli a fronteggiare rischi crescenti, senza supporto né riconoscimento”.
Donato Capece, segretario generale del sindacato, ricorda che “il Sappe denuncia da tempo che le carceri sono diventate un colabrodo per le precise responsabilità di ha creduto, nel passato, che allargare a dismisura le maglie del trattamento a discapito della sicurezza interna ed in danno delle donne e degli uomini della polizia penitenziaria. Sono decenni che chiediamo l’espulsione dei detenuti stranieri, un terzo degli attuali presenti in Italia, per fare scontare loro, nelle loro carceri, le pene come anche prevedere la riapertura degli ospedali psichiatrici giudiziari dove mettere i detenuti con problemi psichiatrici, sempre più numerosi, oggi presenti nel circuito detentivo ordinari”.
Il leader nazionale del Sappe torna a sollecitare più tecnologia e più investimenti per il sistema carcere: “la situazione resta allarmante, anche se gli uomini e le donne della Polizia Penitenziaria garantiscono ordine e sicurezza pur a fronte di condizioni di lavoro particolarmente stressanti e gravose. I decreti svuota-carceri, che più di qualcuno continua ad invocare ad ogni piè sospinto, da soli non servono: serve una riforma strutturale dell’esecuzione, serve il taser per potersi difendere dai detenuti violenti e la dotazione di body-cam“. “Il disagio mentale, dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, è stato riversato nelle carceri, dove non ci sono persone preparate per gestire queste problematiche, mancano strutture adeguate e protocolli operativi”, evidenzia ancora Capece. “La polizia penitenziaria non ce la fa più a gestire questa situazione e nei prossimi giorni valuterà se indire lo stato di agitazione. L’effetto che produce la presenza di soggetti psichiatrici è causa di una serie di eventi critici che inficiano la sicurezza dell’istituto oltre all’incolumità del poliziotto penitenziario. Queste sono anche le conseguenze di una politica miope ed improvvisata, che ha chiuso gli ospedali psichiatrici giudiziari senza trovare una valida soluzione su dove mettere chi li affollava. Gli Opg devono riaprire, meglio strutturati e meglio organizzati, ma devono di nuovo essere operativi per contenere questa fascia particolare di detenuti”. “Quel che servono sono fatti concreti – conclude – delle dichiarazioni di intenti i poliziotti penitenziari, che in carcere lavorano nella prima linea delle sezioni detentive h24, non sanno che farsene”.

© Riproduzione riservata

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