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FIRENZE – Un nuovo capolavoro si aggiunge alla collezione delle Gallerie degli Uffizi: è Il mendicante moro, opera del pittore settecentesco Giacomo Ceruti, artista che trasformò la rappresentazione del popolo in un gesto di profonda umanità e modernità.
Il dipinto, realizzato tra il 1725 e il 1730, restituisce con straordinaria intensità lo sguardo di un uomo umile, ritratto con la stessa solennità riservata ai nobili del suo tempo.
Ceruti, milanese (1698–1767), fu un innovatore silenzioso. Nel pieno del Settecento, quando la pittura celebrava ancora fasti e aristocrazie, lui scelse i poveri, gli artigiani, i mendicanti. Li ritrasse con dignità, senza idealizzarli, trasformandoli in protagonisti della storia sociale prima ancora che artistica.
Nel Mendicante moro, la forza emotiva dello sguardo – pupille scurissime, stanche ma vive – domina la scena. L’artista non indulge nel pittoresco esotico, ma restituisce la presenza autentica di un uomo reale, con la sua storia e la sua fatica.
Questa acquisizione colma un vuoto importante nelle raccolte fiorentine: fino a oggi, gli Uffizi possedevano un solo dipinto dell’artista, il Ragazzo con cesta di pesci e granseole, realizzato circa dieci anni dopo. Ora, con il Mendicante moro, la galleria si arricchisce di un’icona di straordinaria potenza simbolica, destinata a entrare nell’immaginario collettivo.
Nel contesto dell’arte barocca e rococò, le figure nere erano spesso ridotte a ornamento decorativo, servitori o paggi esotici posti ai margini delle composizioni. Ceruti ribalta questa prospettiva: il suo protagonista non regge vassoi o vasi dorati, ma incontra lo spettatore da pari a pari, in un dialogo di sguardi che abbatte secoli di distanza sociale e culturale.
Il quadro, noto agli studiosi e già esposto alla storica mostra “I pittori della realtà” curata da Roberto Longhi nel 1953, ha trovato rinnovata attenzione in occasione della recente esposizione “Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento” (Brescia, 2023).
“Con questo dipinto – ha dichiarato il direttore degli Uffizi, Simone Verde – la Galleria si arricchisce di un’opera unica, capace di rovesciare le convenzioni del suo tempo. È un ritratto che parla di uguaglianza e modernità, restituendo al Settecento europeo la sua dimensione più umana e universale”.
Un volto di povero che, tre secoli dopo, entra nel tempio dell’arte, ricordando che la dignità non appartiene alle classi, ma agli sguardi.



