(Adnkronos) – Lo studio Fase 3 Amplify, “presentato quest’anno al congresso Ash, che ha ricevuto anche il premio ‘Best Ash 2024’, prevede la randomizzazione dei pazienti con leucemia linfatica cronica (Llc), vergini al trattamento, in 3 bracci diversi: acalabrutinib, quindi l’inibitore di Btk di seconda generazione, in associazione al venetoclax e acalabrutinib più venetoclax con obinutuzumab, rispetto alla chemioterapia che, nel momento in cui è stato disegnato lo studio, era lo standard di trattamento. I bracci con acalabrutinib-venetoclax hanno una migliore sopravvivenza libera da progressione rispetto all’immuno-chemioterapia. Addirittura la sopravvivenza libera da malattia a tre anni raggiunge il 77% con acalabrutinib-venetoclax, 83% quando combiniamo anche l’anticorpo monoclonale”. È quanto affermato da Alessandra Tedeschi, ematologo presso la divisione di Ematologia dell’ospedale Niguarda di Milano, in un incontro con la stampa, organizzato da AstraZeneca, questa mattina a Milano dedicato al Congresso Ash, il 66esimo appuntamento annuale della Società Americana di Ematologia, svoltosi a San Diego dal 7 al 10 dicembre. “La leucemia linfatica cronica è una neoplasia, un tumore del sangue – spiega la specialista – Non è una forma aggressiva, da qui la definizione di leucemia linfatica cronica. Spesso il riscontro è assolutamente occasionale: il paziente si rende conto solo perché negli esami del sangue risultano linfociti elevati. Raramente è sintomatica all’esordio. Ci sarà una parte di pazienti che non viene mai trattata per questa patologia, mentre una parte necessitano di un trattamento per varie motivazioni, tipo l’incremento di volume delle ghiandole o scompenso midollare, anemia o piastrinopenia”. Llc è una patologia tipica dell’anziano, motivo per cui insorgono problematiche di trattamento. “Spesso i pazienti molto anziani hanno anche delle comorbidità, il trattamento e l’approccio terapeutico diventano così più difficoltosi – spiega Tedeschi- Una volta la leucemia linfatica cronica veniva trattata solo con chemioterapia, adesso stiamo utilizzando degli inibitori Btk”, cioè inibitori della Bruton tyrosine kinase, “farmaci somministrati continuativamente in monoterapia”. “Il venetoclax – chiarisce l’ematologa – ci ha permesso di ottenere delle risposte più profonde, per cui l’abbiamo utilizzato in combinazione con gli anticorpi monoclonali allo scopo di dare una terapia a durata fissa. Con la terapia a durata fissa si hanno delle sopravvivenze libere da progressione e libere da trattamento prolungato – sottolinea Tedeschi – Siamo così passati a utilizzare le combinazioni di inibitori del Btk con il venetoclax, che sono le migliori terapie per i pazienti, in questo momento. Abbiamo anche una migliore sopravvivenza di acalabrutinib-venetoclax rispetto all’immuno-chemioterapia. La tollerabilità è stata molto buona, non abbiamo avuto nessuna problematica inaspettata in questo regime terapeutico. Un’ottima terapia a durata fissa per i nostri pazienti che cambierà nuovamente il paradigma terapeutico, quando la combinazione sarà approvata”, conclude. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Tumori, ematologa Tedeschi: “Nuovo regime cura migliore di immuno-chemioterapia”
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