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“Dopo l’elezione dei presidenti di Camera e Senato, il ruolo del Pd è ancora più importante per una dura opposizione e per ricostruire una alternativa di Governo di centrosinistra, democratica e progressista. Per continuare a essere la casa di tanti, per rinnovarci e rafforzarci, abbiamo bisogno del tuo aiuto”.
Il Post Fb di Enrico Letta indica il link a cui accedere per prendere la tessera Pd.
Nel nome, a quanto pare, di Lorenzo Fontana, Lega Salvini, eletto presidente Camera dei Deputati. E Ignazio La Russa, FdI, neo presidente Senato eletto però coi voti di opposizione.
Quelli per ora anonimi.
Che in ipotesi potrebbero essere arrivati dal Pd esattamente come da chiunque altro di minoranza.
Letta reitera. Il segretario nazionale pisano dei Dem lancia il tesseramento Pd puntando il dito contro chi è altro dal Pd.
Esattamente come ha condotto la campagna elettorale perdente: non portando avanti proposte proprie, ma attaccando l’avversaria, poi vincitrice il 25 settembre e attuale premier in pectore, Giorgia Meloni.
Modalità campagna elettorale perdente Pd applicata alla “dura opposizione”.
Anche bruciando Zan proposto vicepresidente alla Camera come anti Fontana.
Quindi attaccando Letta quello che adesso è il lavoro della maggioranza. Per cui l’elezione di Fontana e La Russa, in nome dei quali correre a fare la tessera Pd, diventa per Letta “Peggio di così nemmeno con l’immaginazione più sfrenata. L’Italia non merita questo sfregio”.
Ora, ognuno la pensi come vuole. E ci mancherebbe. Ma che Letta leader Pd, pur reduce da un governo Draghi tutti insieme appassionatamente, pensi che chi ha vinto, altro da lui, debba procedere a nomine che a lui piacciano, forse è un tantino azzardato.
Anche se non è detto che ciò non possa in futuro accadere. Basta attendere gli eventi.
Letta intanto, notizia di queste ore, con il Pd da lui guidato fanalino di coda in tema di rappresentanza femminile in Parlamento (ed è il suo unico mea culpa post 25 settembre), cerca di porre rimedio lasciando immutate la capogruppo Camera Debora Serracchiani, e la capogruppo Senato Simona Malpezzi.
Proponendo alla vicepresidenza di Camera Anna Ascani e di Senato Anna Rossomando.
Motivando con chiarezza “La mia scelta dipende anche dal fatto che noi abbiamo un vulnus di genere”.
E, mentre continua a soffrire le frecciate no stop dell’altro toscano Renzi, Letta si trova contro un’altra toscana: la senese Rosy Bindi, ex ministro, che del Partito Democratico è stata presidente.
Bindi sta continuando a ripetere. “E’ il momento di sciogliere il Pd”.
Aggiungendo “ci risparmi la resa dei conti interna, perché la ritualità del congresso è ormai accanimento terapeutico. Il Pd è rimasto al Governo anche in momenti in cui sarebbe stato meglio andare a votare”.