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Spiaggia dei Topinetti all’Elba, Legambiente: “Si verifichi assetto idrogeologico”

Spiaggia tra Rio Marina e Cavo. "Autorità intervengano sui punti critici parete rocciosa per evitare che ci siano ulteriori crolli". Legambiente su Cop 29: "Raggiungere un accordo ambizioso finanza climatica"

ISOLA D’ELBA – Spiaggia dei Topinetti all’Elba, Legambiente: “Si verifichi assetto idrogeologico”

La spiaggia dei Topinetti, tra Rio Marina e Cavo, dichiara Legambiente Arcipelago, “negli anni passati è stata oggetto di alcuni parziali lavori di consolidamento della parete rocciosa che la sovrasta, ma i segni di un ulteriore cedimento – come dimostrano crolli e fessurazioni presenti, sono più che evidenti e si estendono fino a un muro di contenimento della sovrastante strada provinciale Rio Marina – Cavo.
Una situazione che con i cambiamenti climatici in corso – con nubifragi che fanno seguita a prolungati periodi di siccità – rischia di aggravarsi e di compromettere sia l’agibilità di una parte della spiaggia che della stessa strada provinciale.
Legambiente chiede quindi che le autorità competenti verifichino l’assetto idrogeologico dell’area e intervengano preventivamente sui punti critici per evitare che ci siano ulteriori crolli che potrebbero avere conseguenze sulla viabilità e l’accesso alla spiaggia e alla balneazione”.

Sul COP29 fino al 22 novembre a Baku, in Azerbajan dove i temi centrali sono finanza climatica post 2025 e taglio delle emissioni.

“A Baku – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – sarà fondamentale arrivare ad un accordo finanziario ambizioso per avviare una nuova era della finanza climatica che garantisca risorse finanziarie ai Paesi poveri. In questa partita l’Europa può e deve giocare un ruolo centrale attraverso una leadership forte e globale in grado di costruire un ponte tra Paesi industrializzati, emergenti ed in via di sviluppo cruciale per raggiungere un accordo ambizioso finanza climatica post-2025 che avrà un ruolo cruciale.  Solo così sarà possibile rassicurare i Paesi poveri e vulnerabili che finalmente avranno a disposizione le necessarie risorse finanziarie per decarbonizzare le loro economie e rispondere con mezzi adeguati ai sempre più frequenti e devastanti disastri climatici. Al tempo stesso è importante che l’Europa e i Paesi in via di sviluppo si dotino di un’ambiziosa politica climatica.

In particolare, l’Europa dovrà darsi come obiettivo quello di ridurre le emissioni climalteranti di almeno il 65% entro il 2030 e dell’82% per il 2035 in modo da poter raggiungere la neutralità climatica già entro il 2040. Impegno ambizioso ma fattibile grazie alla realizzazione degli impianti di produzione di energia rinnovabile che deve diventare la priorità per una vera politica di mitigazione, senza rincorrere false soluzioni come il nucleare o ritornare indietro con le fonti fossili”.

“Nonostante la prevedibile inazione climatica della nuova amministrazione Trump negli Stati Uniti, – aggiunge Mauro Albrizio, responsabile ufficio europeo di Legambiente e inviato per l’associazione alla COP29 tutti i governi devono fare i conti con la sempre più drammatica crisi climatica. Serve un’immediata inversione di rotta, soprattutto nei Paesi industrializzati ed emergenti. Come evidenzia il recente Emissions Gap Report dell’UNEP, serve subito mettere in campo ambiziose politiche climatiche in grado di garantire nel prossimo decennio una riduzione delle emissioni climalteranti di almeno il 7.5% l’anno. Altrimenti la continuazione delle attuali politiche ci condurrà a un “catastrofico aumento della temperatura sino a 3.1°C”. Per quanto riguarda il sostegno economico che i Paesi industrializzati devono garantire ai Paesi poveri nel periodo 2020-2025 di almeno 100 miliardi di dollari l’anno (e quindi per un totale di 600 miliardi) per contribuire a ridurre le loro emissioni e adattarsi ai cambiamenti climatica, serve ancora un ulteriore passo in avanti per raggiungere i 600 miliardi promessi entro il 2025 e raddoppiare i contributi per l’adattamento rispetto ai livelli del 2019 (almeno 40 miliardi di dollari l’anno), mantenendo fede all’impegno sottoscritto a Glasgow tre anni fa. Inoltre, per gli impegni finanziari post-2025, come proposto dall’alleanza dei piccoli Stati insulari (AOSIS), servono almeno 1.000 miliardi di dollari (400 per loss&damage e 300 sia per l’adattamento che la mitigazione) l’anno di sole risorse pubbliche da parte dei Paesi industrializzati. Risorse che possono essere rese disponibili grazie anche alla tassazione delle attività a forte impatto climatico e al phasing-out dei sussidi alle fossili, in grado di mobilitare sino a 5.000 miliardi di dollari l’anno“.

© Riproduzione riservata

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