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A Firenze in 40 anni perso il 40 per cento della superficie coltivata ad olivo

I dati dalla ricerca commissionata dalla Fondazione Cr Firenze nel convegno a Villa Bardini organizzato dall'Unione Agricoltori di Firenze

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FIRENZE – In 40 anni, dal 1980 al 2020, nel territorio della provincia di Firenze è stato perso il 40 per cento delle superfici destinate ad olivi.

È quanto emerge dalla ricerca commissionata dalla Fondazione Cr Firenze presentato a Villa Bardini durante l’evento L’olivicoltura dell’area periurbana fiorentina, organizzato dall’Unione Agricoltori di Firenze. Lo studio è stato curato dal professor Alessandro Pacciani e dalla dottoressa Daniela Toccaceli del Laboratorio Gaia Innova della Fondazione Pin.

All’evento hanno partecipato Patrizio La Pietra, sottosegretario del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Stefania Saccardi, vicepresidente della Regione Toscana con delega all’Agricoltura, Maria Oliva Scaramuzzi, vicepresidente della Fondazione CR Firenze,  Francesco Colpizzi, presidente di Confagricoltura Firenze, Davide Majone, consigliere della Fondazione Pin, Vincenzo Lenucci, direttore delle Politiche di Sviluppo Economico delle Filiere Agroalimentari di Confagricoltura, e Tommaso Miari Fulcis, presidente degli olivicoltori di Confagricoltura Firenze

La ricerca ha restituito un quadro dettagliato della filiera olivicola nei comuni collinari intorno a Firenze, dove oggi su 2495 aziende agricole attive, ben 2185 coltivano l’olivo. Si tratta di un comparto strategico, profondamente radicato nel paesaggio e nella tradizione agricola fiorentina, che nonostante le difficoltà strutturali continua a distinguersi per qualità, sostenibilità e attenzione ai mercati di nicchia.

“Per contrastare l’abbandono e sostenere chi continua a credere in questa coltura simbolo del nostro territorio – ha detto Francesco Colpizzi, presidente dell’Unione Agricoltori di Firenze – servono politiche ad hoc: bisogna promuovere condizioni tecniche e commerciali che valorizzino l’identità delle nostre aziende, investire nella competitività e nelle tecnologie con quell’approccio sostenibile, dal punto di vista economico, ambientale e sociale che è insito nel dna dei nostri imprenditori da sempre, per costruire, insomma, nuove condizioni di rafforzamento della filiera, in chiave moderna, anche sotto il profilo organizzativo”.

“Siamo consapevoli di quanto l’agricoltura, e in particolare l’olivicoltura, non siano solo attività economiche, ma veri e propri presìdi del territorio, capaci di modellare il paesaggio, di mantenerlo vivo, curato e produttivo, specie in Toscana – afferma Maria Oliva Scaramuzzi, vicepresidente di Fondazione Cr Firenze -. Per questo abbiamo sostenuto questa ricerca che indaga non soltanto sui numeri della filiera ma anche sulle condizioni di abbandono esistenti. Materiale prezioso che offre una base di riflessione per istituzioni e associazioni di categoria per tutelare al meglio il nostro patrimonio paesaggistico”.

“Il settore olivicolo nazionale e quindi anche quello toscano, che ne è un punto di forza produttiva per quantità ma soprattutto per qualità, deve tornare protagonista del mercato mondiale. Il Piano olivicolo nazionale si pone proprio questo ambizioso obiettivo che, come Masaf e come governo Meloni, intendiamo centrare tramite una linea di interventi, che puntano su investimenti, ricerca e innovazione. Inoltre dobbiamo valorizzare l’olio Evo d’eccellenza tramite origini certificate, tracciabilità e campagne di sensibilizzazione, che rendano sempre più consapevoli i consumatori sulle proprietà salutistiche dell’olio extravergine e sull’importanza di pagare un giusto prezzo per un bene così prezioso qual è l’olio italiano”, ha dichiara il sottosegretario al Masaf, senatore Patrizio La Pietra.

“Abbiamo proposto al governo di fare un piano nazionale sull’olivicoltura perché riteniamo che in Toscana rappresenti una delle coltivazioni più identitarie del nostro territorio – dice la vicepresidente della Regione Toscana Stefania Saccardi -. Non a caso abbiamo spinto quando si è trattato di decidere il piano strategico nazionale perché ci fosse una misura specifica sugli olivi a carattere paesaggistico. Poi bisogna fare un salto culturale importante per quanto riguarda l’olio: è un prodotto che fa bene oltre ad essere buono ma spesso non viene considerato quanto il vino, si cerca di acquistare l’olio meno caro invece di valorizzare quello prodotto  nel nostro territorio che invece ha anche proprietà nutraceutiche importanti e fa bene alla salute”. Sulla situazione internazionale, Saccardi dice: “e, quindi la situazione un po’ ci preoccupa, ma è difficile fare previsioni perché un giorno si sente una cosa il giorno dopo un’altra. Ma dobbiamo lavorare con serenità sulla qualità dei nostri prodotti, e sull’olio lavorare per avere un prodotto sempre migliore quindi coltivare bene nel campo ma avere anche frantoi moderni come abbiamo. L’olio che si trova in Toscana è difficile trovarlo altrove“.

“Dagli oliveti intorno alla citta di Firenze – conclude Tommaso Miari Fulcis, presidente  della sezione olivicoltura dell’Unione degli agricoltori di Firenze – si produce ben l’11 per cento dell’olio prodotto in Toscana. Tuttavia, le specifiche caratteristiche orografiche, un modello di coltivazione quasi sempre arcaico, ed una incoerente organizzazione della filiera, hanno reso l’olivicoltura fiorentina scarsamente competitiva, nonostante capace di produzioni di assoluta eccellenza. Occorre perciò la messa a terra di strumenti finalizzati a rinnovare e razionalizzare gli oliveti ed i frantoi. una migliore qualificazione commerciale che sia distintiva della qualità dell’olio fiorentino, dotando la filiera di efficaci strumenti di coordinamento tra le aziende anche alla luce del nuovo piano olivicolo di settore che il Masaf sta elaborando“.

© Riproduzione riservata

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