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Covid, Firenze commemora i suoi morti. I medici: “Non siamo eroi. Chiediamo condizioni di lavoro adeguate”

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FIRENZE – Le piante di ulivo con i nomi delle oltre mille vittime. Così Firenze commemora i suoi morti nella Giornata nazionale in memoria delle vittime di Covid che ci celebra il 18 marzo. La data in cui nel 2020, in quella fase storica pandemica, la lunga fila di camion dell’Esercito con un carico di bare si muoveva da Bergamo. A Firenze l’arengario di Palazzo Vecchio ha accolto con una cerimonia le piante di ulivo con il sindaco Dario Nardella, la vicesindaco Alessia Bettini, gli assessori Benedetta Albanese, Sara Funaro e Alessandro Martini, il presidente del Consiglio Comunale Luca Milani, i direttori degli ospedali cittadini. Nardella: “Ricordiamo con commozione le oltre 1100 vittime di coronavirus a Firenze. La pandemia ha lasciato un segno indelebile ma oggi questa giornata porta con sé una consapevolezza maggiore. A due anni di distanza siamo più forti e coesi e abbiamo anche più speranza grazie ai vaccini e alle cure. Non ci stancheremo mai di ringraziare con tutto il cuore il personale sanitario che mai si è risparmiato”. Pietro Claudio Giovanni Dattolo, presidente Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri provincia di Firenze: “Chiediamo condizioni di lavoro migliori e nuove assunzioni. Non possiamo più permettere che i nostri medici e tutti gli operatori sanitari passino dall’essere considerati eroi ad essere dimenticati. Fa male a noi, ai cittadini e al Paese”. Poi Dattolo: “Il tempo della retorica degli eroi, che ci è costata così tanti martiri, è terminato. Non lo eravamo e non vogliamo essere chiamati così, vogliamo solo essere ascoltati nell’organizzazione dei sistemi sanitari: possiamo essere preziosi con la nostra esperienza. Abbiamo bisogno che ci siano garantite condizioni di lavoro adeguate e nuove assunzioni per continuare a offrire alla popolazione un servizio efficiente, universale e gratuito per tutti”.

Quindi: “Dal 21 febbraio 2020, data in cui è stato identificato quello che erroneamente sarà il paziente zero, un 38enne di Codogno, equindi con l’inizio della prima devastante ondata per l’Italia, ogni medico e ogni infermiere è stato travolto da uno tsunami, che ha affrontato con grande abnegazione. Non ci siamo mai tirati indietro, neanche di fronte a turni lavorativi di settimane intere e anche quando i dispositivi di protezione scarseggiavano e rischiavamo la vita. Siamo andati a mani nude a combattere contro il virus. Abbiamo toccato la malattia senza arretrare e abbiamo capito ben presto quanto fosse pericoloso, con la tragica scomparsa del dottor Roberto Stella, presidente dell’Ordine dei Medici della Provincia di Varese e medico di famiglia. Non lasciamo che tutto questo sia successo invano”.

© Riproduzione riservata

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