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LIVORNO – La definitiva assoluzione di Matteo Salvini nel processo Open Arms riapre con forza il dibattito sul rapporto tra politica e magistratura. A intervenire con parole nette è il senatore livornese Manfredi Potenti (Lega), che definisce la sentenza della Cassazione “assolutamente giusta” e punta il dito contro quello che considera un uso distorto dell’azione giudiziaria.
Secondo Potenti, il procedimento non avrebbe mai dovuto iniziare, perché basato su un presupposto giuridico errato: “Non si processa un atto politico” afferma, parlando apertamente di una “follia di una certa magistratura”. Una critica che va oltre il singolo caso e investe il metodo con cui, a suo avviso, alcuni uffici giudiziari hanno scelto di perseguire una linea accusatoria rivelatasi infondata.
Il senatore non nasconde un sentimento di sollievo per l’esito finale del processo, ma chiarisce di non provare gioia: “Rimane una punta di amaro in bocca”. Il motivo è evidente: quattro anni di processo, con un forte impatto personale, politico e istituzionale, e un costo rilevante per le casse dello Stato. Da qui la domanda che Potenti pone con decisione: quanto è costato all’Erario l’accanimento accusatorio dei magistrati palermitani?
Una domanda che si intreccia con un’altra riflessione critica: mentre si portava avanti un procedimento poi conclusosi con un’assoluzione piena, “non è che mancassero altri casi da investigare e processi da istruire”. Un’affermazione che chiama in causa le priorità della giustizia e l’efficacia dell’azione giudiziaria.
Per il senatore leghista, la chiusura del processo Salvini non può rappresentare un semplice punto finale.
Le dichiarazioni del parlamentare si inseriscono in un quadro più ampio di riforme della giustizia sostenute dalla Lega. In particolare, Potenti richiama il prossimo referendum sulla separazione delle carriere, definendolo il completamento di un percorso avviato nel 1989. Un passaggio che, secondo il senatore, riconosce finalmente la diversa funzione e cultura giuridica di giudici e pubblici ministeri.
Ma il punto centrale, sottolinea Potenti, resta un altro: la responsabilità civile dei magistrati. Per il senatore, non può esistere un sistema in cui chi esercita un potere così incisivo sulla vita delle persone e delle istituzioni resti completamente immune dalle conseguenze dei propri errori. «Ragionamenti giuridici di strada», li definisce, riferendosi a imputazioni che non hanno retto al vaglio finale della giustizia.
Il caso Open Arms, nella lettura del senatore livornese, diventa così emblematico di una frattura più profonda: quella tra giurisdizione e politica, tra controllo di legalità e invasione di campo. Una frattura che, conclude Potenti, potrà essere sanata solo attraverso riforme strutturali capaci di ristabilire equilibrio, responsabilità e fiducia nello Stato di diritto.



