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Dopo i freni alla produzione e al commercio mondiale
imposti dalla pandemia, nel 2021 l’economia toscana aveva ripreso a viaggiare, facendo registrare alla fine dell’anno un positivo inatteso +6,2 per cento sul Pil.
E fino a gennaio di quest’anno il trend di crescita rimaneva, a detto di tutti gli analisti, positivo: il 2022 avrebbe infatti dovuto concludersi con un +4,6 per cento. Ancora una volta con un passo più veloce della media italiana: con redditi in crescita e buona occupazione. Poi però sono arrivate il caro energia, le tensioni nelle catene di fornitura e il conflitto in Ucraina e tutto in poche settimane è mutato.
Lo racconta l’Irpet, l’istituto di programmazione economica della Toscana, nel rapporto illustrato stamani a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze, sede della presidenza della Regione. Lo spiega, numeri alla mano, il suo direttore Nicola Sciclone, mentre sulle sfide globali e locali della transizione energetica si sofferma Simone Borghesi della Florence school of regulation-climate.
L’economia toscana ha rallentato, l’inflazione è tornata a crescere, la propensione alla spesa è calata; e le previsioni si sono fatte più fosche e incerte. Su come andrà a finire, molto dipenderà da quanto si protrarrà questa congiuntura. Ma il rischio è che la crescita del prodotto interno lordo si dimezzi, non andando oltre il 2,4 per cento alla fine dell’anno nell’ipotesi di un tasso di inflazione all’8 per cento da marzo in poi (era il 3 per cento fino a pochi mesi fa) e lo stop da settembre alle importazioni di gas dalla Russia, magari non sostituito oppure acquistato a prezzi più alti. Il Centro nord rivedrebbe le proprie attese di crescita dal 4,1 al 2,3 per cento, l’Italia nel suo complesso dal 3,9 al 4 per cento.