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FIRENZE – Un’antica collisione galattica ha svelato nuove e sorprendenti complessità. Circa dieci miliardi di anni fa, la Via Lattea non si limitò a inglobare la più piccola galassia Gaia-Enceladus in un singolo evento, come finora si pensava. Secondo un nuovo studio condotto dall’Università di Firenze e pubblicato su The Astrophysical Journal Letters, questa fusione avvenne invece attraverso più passaggi successivi. Lo studio, dal titolo Evidence of Gaia Enceladus experiencing at least two passages around the Milky Way, getta nuova luce sulla storia dinamica della nostra galassia (DOI: 10.3847/2041-8213/addc66).
Il nome Gaia-Enceladus riflette la doppia natura di questa scoperta: Gaia è il satellite dell’Agenzia Spaziale Europea che ha fornito i dati fondamentali per identificare la galassia e Enceladus richiama il titano mitologico confinato sotto la Sicilia, simbolo della potenza distruttiva della collisione. Sebbene classificata come galassia nana, Gaia-Enceladus era tutt’altro che trascurabile: la sua fusione ha generato significative turbolenze e cambiamenti strutturali nella Via Lattea.
“Questa scoperta è cruciale per comprendere l’evoluzione della Via Lattea. Non tutte le stelle che oggi popolano la nostra galassia sono nate al suo interno: molte provengono infatti da galassie inglobate nel corso di miliardi di anni, e Gaia-Enceladus è una delle più significative”.
Le stelle appartenenti a Gaia-Enceladus sono oggi sparse in tutto il disco galattico, ma possono essere riconosciute grazie a precise firme chimiche e cinematiche. I ricercatori hanno studiato lo spettro elettromagnetico di alcune di queste stelle, focalizzandosi su elementi come alluminio, magnesio, bario e ferro, indicatori del luogo e delle condizioni della loro formazione. Anche l’energia potenziale e cinetica di queste stelle è stata un parametro chiave: valori energetici elevati indicano una provenienza più esterna rispetto al centro galattico.
Il punto più innovativo della ricerca risiede nella scoperta di significative differenze tra le stesse stelle di Gaia-Enceladus. Alice Mori, dottoranda in Fisica e Astronomia presso l’Università di Firenze e l’Inaf di Arcetri, ha sottolineato come la diversità chimica e dinamica tra queste stelle indichi che furono inglobate in momenti distinti. Le prime stelle a essere catturate dalla Via Lattea provenivano dalle zone più periferiche della galassia nana, chimicamente più povere. Quelle delle regioni centrali, più evolute, sono state invece assimilate in fasi successive. Questo dimostra la natura graduale e stratificata del processo.
“Le ricercatrici affermano che questi risultati offrono una comprensione cruciale sulla formazione della Via Lattea, segnando un importante progresso”. In passato era possibile soltanto distinguere le stelle autoctone da quelle esterne. Oggi, invece, la combinazione di dati chimici e dinamici offre strumenti più avanzati. Questo consente di ricostruire con sempre maggiore precisione le tappe e le modalità con cui le galassie crescono e si fondono. Si riesce così a comprendere meglio come si trasformano nell’infinito tessuto dell’universo.