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Una netta maggioranza delle conversazioni online sull’Unione Europea è dominata da sentimenti negativi: questo è quanto emerge dall’ultima analisi di Socialcom, che ha scandagliato migliaia di post e interazioni degli italiani sul web.
Il dato più eclatante? Tre post su quattro esprimono ostilità, sfiducia o critica verso Bruxelles. Un verdetto impietoso, che fotografa una crescente distanza tra le istituzioni europee e l’opinione pubblica italiana.
Secondo il report, il trend è in continuo aumento: mese dopo mese, il malumore verso l’Ue si fa più esplicito e diffuso. Dai rincari energetici alle politiche migratorie, dalle normative ambientali al ruolo economico dell’Europa, i temi che alimentano l’insoddisfazione sono molteplici e trasversali. E la rete amplifica tutto: Facebook, X (ex Twitter) e TikTok sono diventati veri e propri acceleratori di disaffezione, dove spesso le critiche si trasformano in accuse, ironia tagliente o veri e propri slogan sovranisti.
Perché Bruxelles è nel mirino?
Dietro l’ostilità crescente si celano frustrazioni economiche, scelte politiche impopolari e una comunicazione istituzionale percepita come distante o inefficace. L’impressione, per molti cittadini, è che l’Unione Europea decida “dall’alto” senza ascoltare i bisogni concreti dei popoli. A questo si aggiungono le narrazioni alimentate da influencer, opinionisti e politici che cavalcano l’euroscetticismo, spesso con toni semplificati ma molto efficaci sul piano emotivo.
Il dato evidenziato da Socialcom non è solo un indice d’opinione: è un segnale politico e culturale profondo, che dovrebbe interrogare tanto Bruxelles quanto le forze politiche italiane. La crescente ostilità online potrebbe riflettersi presto anche nelle urne, rafforzando partiti e movimenti che puntano alla revisione, o persino alla messa in discussione, del progetto europeo.
Il messaggio è chiaro: l’Europa deve riconquistare la fiducia degli italiani, non solo con politiche più efficaci, ma anche con una comunicazione più empatica e trasparente. In un’epoca in cui i social plasmano la percezione della realtà, non basta fare bene: bisogna anche saperlo raccontare, rispondendo in tempo reale a critiche, paure e disinformazione.
Il rischio, altrimenti, è che il “rumore digitale” si trasformi in distanza politica. E che quella che doveva essere “un’unione” diventi, giorno dopo giorno, una frattura.