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LIVORNO – Moby Prince, ok terza Commissione parlamentare d’inchiesta.
Via libera della Camera dei Deputati alla terza Commissione parlamentare d’inchiesta sulle cause del disastro della Moby Prince. La più grande tragedia della marineria italiana che il 10 aprile 1991 nel porto di Livorno costò la vita a 140 persone a bordo del traghetto Livorno – Olbia.
Una tragedia a oggi senza colpevoli.
La terza Commissione parlamentare d’inchiesta è stata approvata con 282 voti a favore e tre astenuti.
La commissione, composta da venti deputati, procederà alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria.
Luchino Chessa, figlio del comandante Moby Prince, presidente Associazione 10 aprile, e Nicola Rosetti, presidente Associazione 140: “Ci auguriamo che la nuova Commissione di inchiesta sulla strage del Moby Prince sia al più presto operativa. In modo da completare il lavoro fatto fin qui nelle scorse legislature e mettere così la parola fine su questa tragica vicenda. Ringraziamo tutti i gruppi parlamentari e il presidente Fontana per essere arrivati a questo traguardo”.
Terza Commissione che dunque porti a conclusione il lavoro della precedente seconda Commissione d’inchiesta della Camera, conclusasi con l’interruzione della scorsa legislatura. Seconda Commissione presieduta da Andrea Romano, Pd, vicepresidenti Manfredi Potenti, Lega Salvini, e Pietro Pittalis, Forza Italia. Seconda commissione che nella relazione conclusiva rivelò la presenza di una terza nave, non identificata, per evitare la quale Moby Prince entrò in collisione con Agip Abruzzo, colpita da black out.
E Pittalis nel suo intervento alla Camera dei Deputati per il varo della terza Commissione d’inchiesta ha sottolineato: “Devo ringraziare tutte le forze politiche presenti in Parlamento per il sostegno alla proposta. Anni di indagini della magistratura e processi che non hanno consentito di fare luce sulle reali cause del disastro. Alcune vittime sono sopravvissute per ore. Perché la Capitaneria di Porto di Livorno e il Dipartimento militare marittimo Alto Tirreno che ha sede La Spezia non hanno provveduto a coordinare i soccorsi nei confronti del traghetto Moby Prince? Come ha detto bene la collega Tenerini oggi siamo qui per colmare un vuoto di verità e di giustizia. Vuoto di verità e giustizia che i familiari delle vittime e tutto il Paese aspettano da oltre 30 lunghissimi anni.
E’ stato appurato che nello scenario di quella sera è ritenuta plausibile la presenza di una terza unità navale non ancora identificata con certezza che avrebbe determinato la collisione della Moby Prince con Agip Abruzzo. L’identificazione del terzo natante laddove accertata aprirebbe nuovi scenari. Un grazie speciale al senatore Manfredi Potenti che ha agevolato l’iter della proposta alla Camera ritirando il suo testo al Senato, evitando inevitabili lungaggini procedurali. E’ venuto il momento perché davvero ci siano una volta per tutte la verità dei fatti e la giustizia per le vittime”
Marco Simiani, Pd, nel suo intervento alla Camera: “Il nostro lavoro è e sarà quello di contribuire ad appurare la verità, perché, non mi stancherò mai di ricordarlo, sono trascorsi oltre 32 anni, ma, ad oggi, non ci sono ancora colpevoli. Dobbiamo evitare che questa tragedia si trasformi in una nuova Ustica. E vorrei ricordare qui le parole del Capo dello Stato, Mattarella, pronunciate in occasione del trentesimo anniversario della strage: “È stato il disastro più grave della storia della nostra navigazione civile. Il popolo italiano non può dimenticare.
Come non dimentica la città di Livorno, che vide divampare il rogo a poche miglia dal porto e assistette sgomenta alla convulsa organizzazione dei soccorsi e del loro drammatico ritardo. Sulle responsabilità dell’incidente e sulle circostanze che l’hanno determinato è inderogabile ogni impegno diretto a fare intera luce. L’impegno che negli anni ha distinto le associazioni dei familiari rappresenta un valore civico che concorre a perseguire un bene comune. Il disastro del traghetto Moby Prince è monito permanente per le autorità pubbliche e gli operatori, chiamati a vigilare sulla navigazione e a garantire la sicurezza.
Credo che oggi sia arrivato il momento di fare piena luce sulla verità di questa tragedia, c’è bisogno di una volontà politica condivisa di presupporre e, soprattutto, di non strumentalizzare alcun atto che emergerà dal lavoro della Commissione. Credo, infatti, che, oggi, la votazione unanime di questa Commissione servirà proprio a questo, affinché sia unitaria e votata da tutti. Ce lo chiedono gli italiani, ce lo chiede il Paese, e credo che, da parte nostra, ci sia una responsabilità ancora più alta, che riguarda la carica che noi abbiamo, ossia quella della Repubblica italiana. Il nostro voto sarà favorevole”.
Chessa e Rosetti: “La politica ha sempre risposto positivamente alle richieste di Commissione di inchiesta. Tutti i gruppi parlamentari hanno espresso parere positivo, un aspetto importante che fa capire come la strage del Moby Prince muove ancora le coscienze personali e collettive. Fin dall’inizio di questa legislatura ci siamo rivolti a tutte le forze politiche presenti in Parlamento per chiedere di completare il lavoro interrotto a causa dello scioglimento anticipato delle Camere l’anno scorso”.
“Il parlamento ha ascoltato le richieste delle nostre associazioni e adesso, dopo più di 32 anni abbiamo la possibilità di arrivare alla verità sulle cause del più grande disastro della marineria italiana nel quale persero la vita 140 persone. Che è anche la più grande strage sul lavoro con ben 65 membri dell’equipaggio morti adempiendo al proprio dovere”.
“Grazie alle due precedenti Commissioni di inchiesta, che hanno lavorato in spirito bipartisan, oggi sappiamo che le verità processuali sono state palesemente incomplete ed infondate Non c’era nebbia quella sera davanti il porto di Livorno, la vita a bordo del traghetto durò molto di più di mezz’ora. I soccorsi si diressero solo verso la petroliera di Eni Agip Abruzzo. E dopo appena due mesi le parti sottoscrissero un accordo assicurativo (di fatto un accordo di non aggressione) che ha segnato tutta questa tragica vicenda”.
“Per noi familiari sono stati 32 anni di sofferenze, rabbia e frustrazioni; ma adesso si tratta di mettere la parola fine su quanto accaduto la sera del 10 aprile 1991. Abbiamo lottato, per molti anni da soli, per arrivare a questo punto; e non intendiamo fermarci adesso”