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CARMIGNANO – Anche Confindustria Toscana Nord stigmatizza il clima intorno alle aziende del distretto pratese dove si è verificato l’epidosio dell’assalto ai lavoratori del presidio della ditta Lin Weidong di Seano.
“Confindustria Toscana Nord – dice l’associazione di categoria – assiste con estremo rammarico, grande amarezza e preoccupazione a quanto sta accadendo in alcune aziende cinesi del territorio. Nessuna sorpresa, comunque: è il frutto avvelenato di decenni di noncuranza, o di insufficiente attenzione, verso realtà aziendali notoriamente per lo più irregolari. Scioperi di lavoratori che denunciano condizioni di lavoro all’insegna dell’illegalità e dello sfruttamento – certamente da provare per giusto spirito garantista, ma che non sembrano irrealistiche – vengono addirittura travolti da episodi di violenza evidentemente tesi a non riconoscere il diritto basilare alla protesta: è questo che abbiamo davanti. Una realtà che deve fare inorridire una città di consolidata civiltà come Prato”.
“Le analisi sulle dinamiche che hanno portato a questa situazione – dice Confindustria – l’escalation innescata dalle proteste di lavoratori impiegati in aziende cinesi ma di etnie diverse, il ruolo del sindacato sono temi importanti e da approfondire. Ma alla base di tutto c’è sempre lo stesso problema che questa associazione denuncia pubblicamente dalla fine degli anni ’90: aziende – soprattutto cinesi – irregolari, e non per aspetti marginali ma per gestioni che ignorano i fondamenti stessi della legalità”.
“L’allora Unione Industriale Pratese – spiega l’associazione – lo diceva e scriveva già più di un quarto di secolo fa, Confindustria Toscana Nord, in cui l’associazione è confluita, ha continuato a dirlo e lo ribadisce anche oggi: o si sanano queste sacche di illegalità o gli episodi vergognosi sono destinati a ripetersi. Nella provincia di Prato i lavoratori dipendenti stranieri nel settore privato non agricolo superano i 38300: molti lavorano in aziende regolari, ma, verosimilmente, sono ancora di più quelli che operano in realtà che non rispettano né le leggi né i loro diritti”.
“Controlli e sanzioni, fino alla chiusura delle attività nelle situazioni più gravi: non c’è molto da inventarsi, la strada da percorrere è ovvia – conclude Confindustria – Nella condizione attuale a rimetterci sono anche le imprese che lavorano nella legalità. C’è il problema della concorrenza sleale, che interessa un numero abbastanza limitato di aziende, dato che non è ampia l’area di sovrapposizione settoriale fra le imprese italiane, per lo più del tessile (produzione di filati e tessuti), e imprese cinesi, per lo più dell’abbigliamento e accessori. Ma c’è anche l’incommensurabile danno di reputazione e di immagine che colpisce un’intera città e tutte le sue imprese. Un danno che, anche questo, è stato rimarcato costantemente dalla nostra associazione e che lascia ancora di più l’amaro in bocca nell’attuale momento congiunturale negativo, quando le imprese sane e legali stanno lottando per mantenersi in piedi”.