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Giro di vite nel carcere di Prato: grazie ad agenti compiacenti telefonini e droga dietro le sbarre

Perquisizioni e sequestri su larga scala in una indagine che è iniziata a luglio. Tre indagati anche per l'aggressione al killer di Denisa

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PRATO – Giro di vite nel carcere di Prato, su ordine della procura. 

Le indagini degli ultimi mesi, infatti, hanno fatto emergere multipli ingressi nella casa circondariale pratese di telefoni cellulari di ultima generazione, di microtelefoni, di smartwatch e di schede telefoniche risultati utilizzati da moltissimi detenuti ristretti nei reparti alta sicurezza e media sicurezza nonché di sostanze stupefacenti come cocaina e hashish. Correlativamente sono affiorate forme corruttive che vedono il coinvolgimento di quattro appartenenti alla polizia penitenziaria e anomali contatti tra ulteriori quattro agenti e personale addetto alle pulizie all’interno del carcere di Prato.

L’investigazione si è sviluppata dal luglio 2024 e le acquisizioni hanno imposto di disporre perquisizioni, ispezioni e sequestri su larga scala: 127 i detenuti perquisiti e oggetto di ispezione e sequestro, di cui 27 nella veste di indagati e i restanti cento quali terzi in qunato si ritiene abbiano beneficiato della disponibilità illegale di strumenti di comunicazione e/o di stupefacenti; tutto il reparto alta sicurezza e i 111 detenuti ristretti sono destinatari di perquisizione, di ispezione e di sequestro (14 nella veste di indagati, tutti cittadini italiani, numerosi dei quali detenuti per reati criminalità organizzata, quali associazione di tipo mafioso e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, e i restanti 97 nella qualità di terzi); larghi settori della media sicurezza sono oggetto dell’iniziativa e, in particolare, gli spazi comuni e sedici detenuti ivi ristretti, di cui 13 nella veste di indagati (otto di nazionalità italiana e 5 stranieri) e tre nella veste di terzi (due italiani e uno straniero); tre appartenenti alla polizia penitenziaria indiziati del reato di corruzione, di età compresa tra i 32 anni e i 29 anni, ivi compresi gli spazi posti nella loro disponibilità all’interno della struttura carceraria.

Inoltre sono state effettuate dieci ulteriori perquisizioni nei confronti di nove indagati e di un soggetto nella veste di terzo, nelle provincie di Prato (2), Napoli (2), Arezzo (una), Roma (uno), Firenze (una) e Pistoia (una), con l’impiego di almeno trenta appartenenti alle forze dell’ordine.

Sebbene siano previste particolari e restrittive limitazioni volte a ridurre la frequenza
dei contatti con l’esterno per i detenuti ristretti nell’alta sicurezza, che presentano
profili criminali ragguardevoli, essendo inseriti anche in associazioni di tipo mafioso
con ruoli di capo e promotore, costoro sono risultati beneficiari di particolari privilegi, fra i quali, la libertà di movimento nel reparto e di non vigilanza all’interno del carcere
e, soprattutto, la disponibilità di schedetelefoniche con intestatari fittizi, attivate in
negozi di telefonia di Roma e di Napoli, telefoni cellulari smartphone di notevoli dimensioni, anche di ultima generazione collegati alla rete telefonica e a internet, microtelefoni e smartwatch atti a comunicare oltre le mura dell’istituto detentivo.

Numerosi i canali clandestini di approvvigionamento dei dispositivi: attraverso i colloqui con la consegna di plichi destinati ai detenuti, o il loro invio per posta; tramite personale in servizio nella struttura e appartenenti alla polizia penitenziaria, a fronte di un compenso nell’ordine di alcune migliaia di euro; con l’opera di soggetti provenienti da Napoli che hanno provveduto a lanciarli con dei palloni contenenti smartphone e cellulari, mediante l’utilizzo di fionde per lanciare pacchetti contenenti telefoni, poi recuperati dai detenuti o dai lavoranti che godono di maggiore libertà di spostamento nel carcere. Considerevole il numero degli apparecchi e delle schede sequestrati nel corso delle indagini, anche con l’utilizzo di specifica apparecchiatura tecnica rilevatrice di onde elettromagnetiche. Si è sfruttata anche l’effettuazione di perquisizioni disposte in sede amministrativa per recuperare e sequestrare strumenti di comunicazioni e droga.

Si è reso necessario agire, poi, a più riprese, all’insaputa dei vertici dell’istituto, privi di stabilità da lungo tempo, e del personale di polizia penitenziaria in servizio nella struttura per rinvenire dispositivi di comunicazione e per non pregiudicare le indagini in corso. Una volta entrati, gli apparecchi venivano occultati in doppifondi creati artigianalmente nelle pentole, all’interno di elettrodomestici, nei sanitari del bagno, smontandoli con utensili forniti dai lavoranti, ricavando buchi nei muri, sotto i wc, all’interno dello sportello di frigoriferi, creando dei doppifondi nelle cartelline portadocumenti di plastica, nei piedi dei tavoli, sulla persona inserendoli nella cavità anale. Il fenomeno dell’introduzione degli apparecchi e delle schede ha interessato anche il reparto di media sicurezza.

La massiva e diffusa disponibilità di telefonare senza conseguenze, con assoluta libertà,
appare collegata a fenomeni corruttivi ipotizzati di agenti penitenziari a libro paga in
fase di verifica, al mancato controllo per più ore nel corso della giornata in spregio ai
propri doveri e alla tolleranza da parte di taluni appartenenti alla polizia penitenziaria ealla mancanza di idonea strumentazione di controllo, quali i laser scanner, dei pacchi
e della corrispondenza diretti ai detenuti, provenienti dall’esterno, che sono risultati non funzionare nel corso delle attività di indagine.

È un dato di fatto che, dal luglio 2024 sino a oggi, sono stati rinvenuti e sequestrati nella disponibilità di detenuti trentaquattro apparecchi telefonici e due ulteriori sim card, il cui utilizzo è oggetto di contestazione. Solo l’11 gennaio 2025 sono stati rinvenuti 10 smartphone. Sono state eseguite perquisizioni, ispezioni e sequestri nei confronti degli appartenenti alla polizia penitenziaria coinvolti e di una lavorante all’interno dell’istituto, che aveva agito per far entrare droga e apparecchi di comunicazione. Sono stati notificati avvisi di garanzia nei confronti di dieci detenuti ritenuti responsabili di utilizzo indebito di apparecchi telefonici, senza autorizzazione, in seno a detto carcere.

Durante le attività di indagine sono stati recuperati, a più riprese, quantitativi di cocaina e di hashish, come sé detto, introdotti o ni fase di introduzione nel carcere pratese, occultati nelle parti intime dei familiari che si sono recati a colloquio, all’interno di indumenti ed è stata individuata una centrale di rifornimento, a Prato, alla quale sono risultati avere accesso detenuti autorizzati a uscire dal carcere, in relazione alla quale sono in corso approfondimenti.

È un dato di fatto che non si è riusciti ad assicurare il richiesto controllo e protezione
nei confronti del Vasile Frumuzache, poche ore dopo il suo ingresso in carcere. Nonostante le direttive impartite dalla procura al comandante in missione del carcere  e l’assicurazione che si era provveduto in tal senso, il 6 giugno il rumeno autore della condotta delittuosa, reo confesso, è stato lasciato del tutto libero di recarsi dall’indagato e di versargli un pentolino di olio bollente, intriso di un bicchiere di zucchero, sul volto e sugli arti. Al riguardo, va rilevato che si è provveduto a fissare l’interrogatorio di tre ulteriori appartenenti alla polizia penitenziaria (di 24 anni, originario di Caserta, di 40 anni
originario di Belvedere Marittimo, in provincia di Cosenza, di 45 anni
originario di Napoli), in servizio il 5giugno e il 6 giugno nel carcere di Prato,
contestando loro i delitti di rifiuto di atti d’ufficio e di lesioni colpose.

La strategia investigativa della Procura di Prato, con i correlati accertamenti e le attività
odierne, si è nutrita dell’apporto degli appartenenti al Nucleo investigativo regionale della polizia penitenziaria – con il supporto di unità del corpo fornite dal Nucleo investigativo centrale (Nic), del Gruppo operativo mobile (Gom, che si occupa dei detenuti sottoposti al 41 bis O.P.) e del Provveditorato Toscana Umbria – alla Squadra mobile della questura di Prato, al Nucleo investigativo del reparto operativo dei Ccrabinieri di Prato e al gruppo della Guardia di Finanza. All’interno del carcere hanno operato 263 appartenenti a dette strutture di polizia. Nel quadro di una collaborazione istituzionale con il prefetto e il questore di Prato, all’esterno della struttura carceraria, è stato assicurato un presidio di appertenenti alle forze dell’ordine, costituito da almeno sessanta appartenenti alla polizia, per
fronteggiare possibili pericoli di sommosse.

Una misura che si è resa necessaria in considerazione del numero degli atti di polizia
giudiziaria e dei provvedimenti giudiziari notificati, e, soprattutto, del numero dei detenuti ristretti: 596 di numerose etnie. Sono, infatti, ristretti a oggi, fra gli altri, 285 italiani, 102 cittadini marocchini, 40 albanesi, 32 cinesi, 28 tunisini, 20 nigeriani, 17 rumeni, 14 pakistani e 9 del Gambia.

La struttura carceraria pratese è caratterizzata, per un verso, da un apparente massiccio tasso di illegalità e dalla estrema difficoltà di assicurare la sicurezza passiva dei detenuti e, per altro verso, da un’insufficienza di personale per quanto riguarda il ruolo degli ispettori e dei sovrintendenti (ruoli caratterizzati, rispettivamente, da una carenza di organico del 47% e del 56,52%), dalla estrema difficoltà di avere interlocutori in seno alla struttura stante l’assenza e il continuo ricambio delle figure direttive, da molteplici disagi e malattie mentali di vari detenuti, da plurimi suicidi (nel secondo semestre del 2024 se ne sono registrati due) e dalla scarsità delle possibilità di lavoro, dati che inibiscono la funzione di prevenzione speciale e la rieducazione della pena, e la dignità stessa dei detenuti. Al contempo, tale situazione ha reso e rende estremamente difficoltoso l’espletamento delle indagini, anche in considerazione dell’assenza di ambienti idonei a effettuare le attività intercettive all’insaputa dei detenuti e della libertà costatata libertà di movimento dei detenuti.

La procura ha impartito la direttiva alla polizia giudiziaria di agire con il massimo rispetto della dignità delle persone dei detenuti, che deve essere sempre oggetto della massima attenzione, sia pur nel rigore delle attività da espletare nel bacino carcerario. La presunzione di innocenza.

© Riproduzione riservata

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