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Dal 2026 l’esame di Stato tornerà alla storica denominazione di “esame di maturità”. La riforma, approvata il 4 settembre dal Consiglio dei Ministri su proposta del Ministero dell’Istruzione e del Merito, mira a rafforzare il valore formativo e orientativo della prova, valutando non solo le conoscenze ma anche autonomia, capacità di argomentare e consapevolezza degli studenti.
Il colloquio orale
Elemento centrale sarà l’orale, che diventa obbligatorio: chi rifiuta di sostenerlo senza motivo valido dovrà ripetere l’anno. Il colloquio verterà su quattro discipline chiave per ogni indirizzo, stabilite annualmente dal Ministero. Sparisce lo spunto iniziale scelto dalla commissione, mentre resta la possibilità di assegnare fino a tre punti bonus agli studenti che raggiungono almeno 97/100.
Commissioni e docenti
Le commissioni saranno più snelle: due membri esterni e due interni per ogni coppia di classi, più il presidente esterno. Il risparmio servirà ad aumentare i compensi e a finanziare formazione e coperture assicurative, estese anche ai precari.
PCTO ed Educazione civica
Cambiano i PCTO, che tornano a chiamarsi “Percorsi di formazione scuola-lavoro” e acquisiscono un ruolo più centrale nella valutazione, soprattutto durante l’orale. Cresce anche il peso dell’Educazione civica, che diventa parte integrante della prova.
Invalsi
I risultati delle prove INVALSI non influiranno sull’esame ma saranno riportati nel curriculum allegato al diploma, accessibile solo dopo la conclusione della maturità.
La riforma segna così un ritorno alla tradizione del nome “maturità”, ma al tempo stesso ridisegna la struttura dell’esame, per renderlo più vicino alla crescita personale e formativa degli studenti.