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La non cultura del no alla cultura russa

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Tra i primi casi eclatanti la richiesta di abbattimento della statua di Dostoevskij al Parco della Cascine a Firenze portata a conoscenza dal sindaco Nardella. E lo stop al seminario su Dostoevskij a Milano Bicocca reso noto da Paolo Nori, invitato poi a tenere quel seminario anche dall’Università stranieri di Siena. Ed è lugubre il drappo nero con cui Firenze spegne la luce della bellezza del David di Michelangelo, come Dostoevskij tra i simboli del patrimonio culturale dell’umanità. E allora alla vigilia di un 8 marzo di guerra 201 operatori culturali, 201 come gli anni che separano il 2022 dal 1821 anno di nascita di Fedor Dostoevskij, scrivono al presidente della Repubblica Mattarella e al Ministro della Cultura Franceschini per fermare l’onda della discriminazione sempre più dilagante a dismisura in Italia verso la cultura russa. Perchè, come ha detto Nori in lacrime, “Essere russi in Italia oggi è una colpa. Non solo essere russi vivi, ma anche russi morti”. Una discriminazione culturale che rischia di somigliare a una distrazione di massa in un’Italia devastata economicamente e socialmente. Un’Italia che ripudia la guerra, ma che si è fatta portatrice di aiuti militari e non di mediazione, in cui il no alla cultura russa pare essere diventato la risposta vincente all’orrore, alla tragedia, alla morte, a tutto ciò che di più terribile sta vivendo l’Ucraina.

Nella lettera a Mattarella e a Franceschini, nel condannare ‘senza alcuna ambiguità’ l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin, si scrive: “Riteniamo che nessuna guerra possa giustificare mai una parallela guerra culturale, che comporti l’isolamento intellettuale fra le nazioni. Una vera operazione di ‘cancel culture’ è in atto, pericolosa quanto ingiustificata. Perché al contrario della logica delle armi, quella dell’arte e della cultura è da sempre strumento di dialogo, di apertura, ponte di pace quanto mai necessario oggi”. Quindi: “Riteniamo quindi pericolosa e inopportuna qualsiasi forma di ritorsione e di censura che colpisca quegli artisti russi in Italia e in Europa che mai si sono fatti strumenti di propaganda attiva del regime putiniano. La loro presenza nelle istituzioni italiane ed europee può infatti solo incoraggiare le iniziative a favore della pace, oggi come non mai così necessarie. Contro ogni black list, ogni forma di discriminazione messa in atto sulla semplice base di appartenenza ad un Paese, chiediamo quindi che venga mantenuto un corretto rapporto di scambio con la cultura russa, peraltro già in gran parte schierata contro la politica di Putin, pur nei ristretti limiti concessi alla libertà d’espressione in un regime liberticida”.

© Riproduzione riservata

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