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LIVORNO – Due secoli fa, il 6 settembre 1825, Livorno vedeva nascere uno dei suoi figli più illustri: Giovanni Fattori, capostipite della corrente dei macchiaioli e figura destinata a segnare in profondità la storia dell’arte italiana. La sua rivoluzione pittorica ha anticipato e influenzato linguaggi che avrebbero caratterizzato il Novecento. Proprio in occasione del bicentenario, lo scorso 6 settembre al Museo Civico di Villa Mimbelli è stata inaugurata la mostra Giovanni Fattori, ‘Una rivoluzione in pittura’. Un percorso espositivo di oltre 200 opere tra dipinti, disegni e acqueforti – molte delle quali mai viste prima – che restituiscono il ritratto di un artista geniale, innovatore e a lungo rimasto nell’ombra rispetto al suo reale valore.
La mostra, che durerà fino all’11 gennaio 2026, è stata curata dal professore Vincenzo Farinella, che abbiamo avuto il piacere di intervistare.
La mostra Giovanni Fattori. Una rivoluzione in pittura inaugura il bicentenario dell’artista proprio nella sua città natale, a Villa Mimbelli. Quanto conta per Livorno questo evento e quale valore culturale porta alla città?
“Questa mostra rappresentava una vera e propria esigenza, perché coincide con il bicentenario della nascita di Giovanni Fattori, avvenuta proprio a Livorno il 6 settembre 1825. Celebrare i centenari significa sempre rendere omaggio agli artisti, ma in questo caso il valore è doppio: Fattori era profondamente radicato nella sua città natale. È, insieme forse soltanto a Mascagni, la personalità artistica più significativa che Livorno abbia conosciuto. Inoltre, con la sua arte, ha reso possibile l’emergere di tutta la generazione di artisti livornesi/toscani del Novecento. Per questo la città non solo sentiva, ma aveva il dovere di organizzare un’esposizione di questa portata.”
Il titolo parla di rivoluzione. In cosa consiste questa rivoluzione e come emerge nel percorso espositivo?
“Abbiamo riflettuto a lungo sul titolo della mostra, scartandone molti, fino ad approdare sulla parola Rivoluzione. Una scelta che può sorprendere, perché Fattori viene spesso percepito come un pittore ottocentesco “tradizionale”. In realtà fu un autentico rivoluzionario: cambiò radicalmente il linguaggio pittorico della sua epoca, sia dal punto di vista iconografico, sia nella scelta dei temi, determinando una vera svolta nell’arte italiana. Il percorso espositivo è costruito in chiave cronologica, dagli esordi fino agli ultimi lavori realizzati intorno agli ottant’anni, proprio per restituire con chiarezza la sua evoluzione e rivoluzione.”
Negli ultimi anni la pittura macchiaiola è stata molto rivalutata: secondo lei, come mai sta avvenendo questa riscoperta?
“Non è un fenomeno estremamente recente in realtà. Già dai primi anni del Novecento si assiste a una progressiva rivalutazione dei Macchiaioli, grazie ai collezionisti che compresero la modernità e l’innovazione di quella pittura. Questo processo è proseguito fino a oggi, sostenuto anche dalla pubblicazione di studi scientifici più approfonditi. Un esempio recente è il primo catalogo ragionato di Giovanni Fattori, uscito il luglio scorso: una mancanza che io stesso lamentavo da tempo e che finalmente è stata colmata. Questo lavoro non solo accresce il prestigio di Fattori, ma contribuisce aproiettare l’intero movimento macchiaiolo in una dimensione europea e internazionale.”
Oggi si parla spesso di difficoltà nel coinvolgere i ragazzi con la cultura. Cosa può insegnare Fattori, con la sua vita e le sue opere, alle nuove generazioni?
“È innegabile che coinvolgere i giovani nella cultura sia complesso, e non è frequente vederli numerosi alle mostre. Occorrerebbe trovare modalità nuove e più coinvolgenti, che io assolutamente non disdegno. Anche se questa esposizione mantiene un impianto piuttosto tradizionale, i temi affrontati da Fattori sono di grande attualità. Era una figura brillante, capace di parlare tanto alle classi sociali elevate quanto al popolo, e soprattutto ha rappresentato la guerra in una maniera unica: battaglie senza eroi, senza vincitori né vinti, soltanto eventi tragici e drammatici (è proprio questo fatto a spiegare perché molte di quelle tele non trovassero acquirenti all’epoca). Oggi però quelle stesse opere parlano con forza, siamo in un periodo storico in cui sottolineare che le guerre non hanno vincitori sia estremamente importante. Molte opere raccontano l’occupazione nemica, ad esempio e penso che questo elemento di per sé, ovvero l’attualità delle sue opere, possa rappresentare una leva potente per avvicinare i più giovani al suo linguaggio artistico.”
La grande retrospettiva di Villa Mimbelli non è solo un omaggio a uno dei maestri più rappresentativi della pittura italiana, ma anche un’occasione per riflettere sul ruolo dell’arte come strumento di memoria e di coscienza critica. Le tele di Giovanni Fattori, con la loro forza narrativa e la loro modernità, parlano ancora oggi di temi universali: dalla dignità del lavoro alla tragicità della guerra, fino al legame profondo con la propria terra. Un linguaggio che attraversa i secoli e che, proprio nel bicentenario della sua nascita, torna a Livorno per riaffermare l’attualità di un artista che ha saputo trasformare la pittura in una vera rivoluzione dello sguardo.
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