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PISA – Una speranza concreta per chi combatte contro il buio. Arriva dai laboratori dell’Istituto di neuroscienze del Cnr di Pisa una scoperta che potrebbe cambiare la vita dei pazienti affetti da retinite pigmentosa. Il team di ricerca ha individuato una strategia terapeutica immediatamente applicabile.
Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Progress in Retinal and Eye Research. La chiave di volta è il riutilizzo di un farmaco già noto: il desametasone.
La retinite pigmentosa è una malattia genetica rara e crudele. Spegne prima i bastoncelli, che permettono la visione notturna. Poi attacca i coni, essenziali per la vista diurna, i colori e i dettagli. Quando questi degenerano, il paziente perde la capacità di leggere o riconoscere un volto. I ricercatori hanno capito che non è solo la genetica a distruggere l’occhio. C’è un complice: l’infiammazione. Le cellule immunitarie si attivano nella retina danneggiata e accelerano la morte dei fotorecettori.
Il gruppo coordinato da Enrica Strettoi ha lavorato per cinque anni su un’intuizione. Invece di cercare molecole nuove, hanno usato un potente antinfiammatorio già esistente. “Ci siamo concentrati sul ruolo dell’infiammazione”, spiega la ricercatrice. I risultati preclinici sono stati chiari. Somministrando il desametasone per via intraoculare, si riesce a rallentare sensibilmente la degenerazione. I coni e l’epitelio pigmentato vengono preservati.
La forza di questa scoperta sta nella sua applicabilità. I glucocorticoidi sono farmaci già approvati e usati in oculistica. Non servono anni di test di sicurezza. Questa terapia può funzionare indipendentemente dalla mutazione genetica specifica del paziente. È una strategia trasversale. “Apre la strada a trattamenti immediatamente trasferibili alla clinica”, conclude Strettoi. L’obiettivo è guadagnare tempo prezioso, rallentare la perdita della vista e migliorare la qualità della vita in una patologia orfana di cure definitive.
Il progetto è stato reso possibile grazie al sostegno di Fondazione Velux, Allergan/Abbvie, Fondazione Rosa Pristina e ai fondi del PNNR Tuscany Health Ecosystem.



