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Moby Prince, si vari subito la terza Commissione Parlamentare d’inchiesta

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Trentadue anni sono tanti. Specialmente quando sarebbero bastati pochi mesi per arrivare a definire una fotografia della tragedia di cui sono state vittime 140 persone sul traghetto Moby Prince Livorno – Olbia in fiamme la sera del 10 aprile 1991.

140 persone, circa metà componenti di equipaggio, morte davanti al porto di Livorno.

E questo l’ha detto con chiarezza la seconda Commissione parlamentare d’inchiesta, quella della precedente legislatura, con il presidente Andrea Romano, livornese, deputato uscente. L’ha detto con chiarezza il 15 settembre 2022 quando ha reso noto per la prima volta, insieme ai vicepresidenti Pittalis e Potenti, livornese, che “lo scenario più vero” di quella sera vede la Moby Prince costretta a una virata a sinistra improvvisa. Una manovra d’emergenza per evitare “l’improvvisa comparsa di una terza nave”.

Finendo così contro la Agip Abruzzo “che si trovava in un punto in cui non doveva trovarsi ed era avvolta da vapore acqueo. Inoltre era invisibile al Moby Prince perché colpita da black out”. Della terza misteriosa nave “non è stato possibile accertare identità perché i lavori si sono interrotti per fine anticipata legislatura. E’ un compito che affidiamo alla magistratura e a chi in Parlamento verrà nella prossima legislatura”.

Questo ha lasciato la seconda Commissione Parlamentare d’inchiesta per il lavoro di una terza Commissione Parlamentare d’inchiesta nella nuova legislatura.

Che ancora non c’è.

E per la quale potrebbe essere trait d’union Manfredi Potenti, vicepresidente livornese della seconda Commissione Parlamentare, deputato uscente ed eletto senatore alle politiche 2022.

Non è in Parlamento nell’attuale legislatura il livornese Andrea Romano, presidente della seconda Commissione.

E’ urgente venga concluso il lavoro della Commissione presieduta da Romano. Non solo per dare un nome a quella terza nave che Romano ha ipotizzato “ma posso solo ipotizzare” potesse fare bunkeraggio clandestino.

Ma anche per approfondire il perché del “ritardo per non dire assenza soccorsi sui quali ritengo vadano fatti ancora approfondimenti” ha detto il deputato sardo Pietro Pittalis, con Potenti vicepresidente della Seconda Commissione. Lasciando il testimone a una terza Commissione “a cui lasciamo elementi per poter lavorare. L’auspicio è che la Commissione parta subito con avvio legislatura”.

La prima Commissione parlamentare d’inchiesta presieduta dal senatore Lai (commissione varata in Senato. La seconda, presieduta da Romano, varata alla Camera), arrivò alla conclusione di non concordare con le risultanze cui era pervenuta l’autorità giudiziaria in esito ai vari procedimenti che riguardarono la tragedia.

Romano: “La prima Commissione ha concluso che molte delle vittime erano sopravvissute a lungo, anche fino alla mattina 11 aprile, e questo grazie al comportamento eroico dei componenti dell’equipaggio. I soccorsi non furono né tempestivi né efficaci. Chi doveva occuparsi del soccorso pubblico abdicò ai propri doveri. La Commissione del Senato dissente dalla condotta colposa avuta dal comando del traghetto che non fu né negligente, né imprudente, né distratto. E dunque gli elementi su cui si è basata autorità giudiziaria non erano veri”.

“La visibilità quella notte era buona se non ottima, il mare calmo, c’era una leggera brezza e la corrente marina era ininfluente. Abbiamo documenti nuovi, i file di ricognizione satellitare fatta da servizio geologico statunitense che ha desecretato questi file solo nel 2018. Affermiamo con certezza che Agip si trovava in un punto in cui non si doveva trovare. Un punto di non ancoraggio”.

Una Moby Prince in perfetta efficienza, “non c’era alcuna avaria”, in cui l’esplosione è avvenuta dopo la collisione con Agip Abruzzo.

La seconda Commissione Parlamentare d’inchiesta ha chiesto foto satellitari ad altri Stati. La Russia non le ha fornite “dicendo che non ne dispone. Risposta per me non convincente”, il commento di Romano. Che ha detto di più parlando di un accordo assicurativo redatto due mesi dopo la strage tra Eni e Navarma allora proprietaria di Moby Prince. “Io lo definisco accordo di non belligeranza (segreto) tra soggetti consapevoli di avere responsabilità ben diversa da quella che emergeva subito dopo strage”. Appellandosi Romano a Eni perché metta a disposizione di una terza Commissione Parlamentare, della magistratura dei familiari delle vittime, sia “il cosiddetto accordo assicurativo” sia una relazione interna. “A Eni abbiamo chiesto la relazione interna che con ogni probabilità fu redatta. Non ci è stata trasmessa”.

Per Livorno la strage del Moby Prince è una ferita aperta. Il Comune di Livorno da sempre mantiene alta la memoria perché mai cali l’attenzione su una tragedia ancora senza verità e senza giustizia. E la mantengono alta per primi gli stessi familiari delle 140 vittime.

Ma adesso si chiuda rendendo note le responsabilità vere.

Producendo i documenti di cui si è in possesso.

Chi c’era quella sera in mare con la Moby Prince.

Perché si trovava lì.

E soprattutto cosa è accaduto davvero con i soccorsi.

Per quale motivo 140 civili sono morti davanti a un porto.

© Riproduzione riservata

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