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Una vita segnata dal dolore, trasformata in arte, parole e condivisione
. Ema Stokholma è tornata a far parlare di sé non per la musica o la televisione, ma per il coraggio con cui ha riportato alla luce una delle ferite più profonde: la violenza subita da bambina, per mano della madre.
La conduttrice e scrittrice, vincitrice del Premio Bancarella per il memoir Per il mio bene, ha raccontato di nuovo la sua storia in un’intervista toccante, ribadendo quanto il passato sia stato buio e quanto la condivisione con il fratello Gwendal sia stata fondamentale per trovare la luce, motivo per il quale Ema ha deciso di dividere con lui i proventi del libro, in un gesto di amore e riconoscenza verso chi, come lei, ha vissuto quell’inferno.
Oggi Ema non si definisce più “una vittima”: ha fatto un lungo lavoro su di sé, anche attraverso piccoli gesti simbolici, come la rimozione di tatuaggi legati al passato, quasi a voler chiudere un capitolo per aprirne uno nuovo.
Nel racconto, c’è spazio anche per la gratitudine verso chi l’ha aiutata nei momenti più difficili. Come il libraio Stéphane, che da bambina l’ha accolta e sostenuta quando la madre l’aveva abbandonata per strada. A lui Ema ha dedicato un gesto speciale: un tappeto con le iniziali, simbolo di cura e riconoscimento.
Parallelamente, Ema continua la sua carriera artistica tra radio, tv e scrittura, ma senza dimenticare di usare la propria visibilità per lanciare messaggi chiari: “Non basta sopravvivere, bisogna anche raccontare”, ha detto. E lei lo sta facendo a testa alta.